ZUPPA DI PESCE ALLA LUCANA: Una ricetta a base di acqua potabile, alghe, batteri, caldo, mucche e pesca di frodo

«È probabile che si sia trattato di pesca di frodo»

È quanto ha affermato, non senza un certo coraggio, il presidente della Regione Basilicata Marcello Pittella alla trasmissione televisiva Matrix nella puntata del 6 aprile (min 4:55) riguardo ai pesci che hanno deciso caparbiamente di morire in Val d’Agri.

Ma in principio, fu l’alga cornuta.

E fu strage di pesci nell’invaso artificiale di Pietra del Pertusillo. Era il 2010 e sembrava che l’apocalisse fosse scesa sul lago lucano che fornisce acqua potabile e irrigua a oltre 2 milioni di persone in Puglia e in misura molto minore a Basilicata e Campania. La diga, posta a sbarramento dell’alto corso del fiume Agri, fu costruita negli anni ’60, è alta oltre 90 m e dà origine a un lago dalla capacità di 155 milioni di metri cubi. Gli ingegneri che la progettarono certo non sapevano che, oltre 4000 metri al di sotto del lago che avevano immaginato, ce ne fosse già un altro di diverso tipo. Un enorme giacimento di idrocarburi, il più grande in Europa su terraferma, che, sfruttato dall’Eni, avrebbe fornito da solo il 70% della produzione italiana di petrolio e il 20% di quella di gas.

 

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Lago Pietra del Pertusillo. Sullo sfondo il Monte Sirino (Parco Nazionale della Val d’Agri). Crediti: Vincenzo Senzatela

 

Ma questa è una storia che non centra nulla col Pertusillo, stando a Pittella, assolutamente nulla. E come dargli torto? Anni di controlli dell’ARPAB (Agenzia Regionale Per l’Ambiente Basilicata) non hanno mai fornito dati di cui preoccuparsi. Il fatto è da ascriversi come mera coincidenza, una simpatica curiosità.

Solo che ogni tanto i pesci nel lago decidono di morire. Ora, si legge nel sito dell’Eni che il Pertusillo è un invaso che per sua natura tende all’eutrofizzazione (e già qui uno si domanda che glie ne frega all’Eni del lago? Forse per l’Eni la vicinanza del lago non è solo un fatto meramente accidentale, ma qualche grattacapo lo potrebbe dare). L’eutrofizzazione è un fenomeno che avviene quando l’accumulo di sostanze organiche nell’acqua porta a un grande sviluppo di microrganismi che però finiscono per consumare gran parte dell’ossigeno rendendo le acque inospitali. Questo processo se eccessivo può causare estese morie di pesci.

In effetti il lago in passato ha avuto qualche moria sporadica, ma dal 2010 queste morie si sono succedute con cadenza preoccupante. Il fatto che delle analisi delle acque fatte proprio all’inizio di quell’anno mostrassero un’enorme quantità di batteri fecali, oltre a valori anomali di bario,** doveva per forza essere un errore del tutto casuale. Infatti, in quanto dati allarmanti, chi li aveva divulgati, cioè il tenente della Polizia Provinciale Giuseppe di Bello e il giornalista Maurizio Bolognetti, era stato giustamente denunciato per procurato allarme, accusa poi modificata nel più grave “rivelazione di segreti d’ufficio”. Chiaramente anche questo deve essere stato un errore: quale era il segreto d’ufficio se l’inquinamento non c’era come mostravano inconfutabilmente i dati ARPAB? “Le acque degli invasi sono pure come le sorgenti di alta montagna” avevano già sentenziato all’unisono l’assessore all’ambiente Vincenzo Santochirico e il direttore dell’ARPAB Vincenzo Sigillito (il primo condannato dalla Corte dei conti per rimborsi truccati, il secondo indagato nel disastro ambientale Fenice), ribandendo che non c’era nulla di cui preoccuparsi.

 

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Il prode Vincenzo Santochirico, ex assessore all’ambiente della Regione Basilicata, che con grande sprezzo del pericolo beve acqua di sorgenti di alta montagna lasciando quella del Pertusillo ai pugliesi che tanto le montagne se le sognano. Successivamente si procurerà lo scontrino dell’acqua che gli era stata offerta e presenterà prontamente domanda di rimborso alla Regione.

 

Quando a giugno di quell’anno il pesce angelo della morte decise di farsi un tuffo nel lago fu per una mera coincidenza che nulla aveva a che fare con i dati fasulli di Di Bello.

Colpa dell’alga cornuta” fu infatti la sentenza. La temuta alga, oltre a colorare le acque di rosso, le rende inospitali per i pesci e risulta molto tossica anche per l’uomo. Le sue fioriture fuori controllo avvengono normalmente in caso di cattiva salute delle acque, ma non era evidentemente il caso del Pertusillo, sia ben chiaro. Il fatto che fosse successo all’inizio della stagione calda con il lago riempito dalle piogge primaverili non poteva avere comunque alcuna relazione con un eventuale inquinamento, perché quest’ultimo non c’era come comprovato dai dati ARPAB. Punto.

 

Anno 2011: nuova moria, questa volta già ai primi di maggio, ma, per fare meglio, una seconda segue ad agosto!

Di nuovo l’alga cornuta tra i colpevoli. Nel frattempo si era cominciato ad ammettere che ci potesse essere qualcosa che non andava, ma se pure fosse stato un problema, la colpa sarebbe stata degli agricoltori che usavano troppi concimi. Gli allevatori usavano il letame per concimare i campi, ecco il problema: le mucche e i vaccari. Poi, sì, forse c’era anche qualche problemino con alcuni depuratori che non funzionavano, in ogni caso nulla di cui allarmarsi, c’erano quelli nuovi in costruzione. Nulla però in confronto ai temibili vaccari della Val d’Agri e nulla di cui preoccuparsi neanche per le analisi di acque e sedimenti dell’invaso fatte da Di Bello e da Albina Colella professoressa ordinaria di geologia dell’Università di Basilicata che mostravano elevate quantità di idrocarburi e metalli pesanti. Tuttapposto e via così in scioltezza si va al 2012!

 

Nuovo anno nuova moria, questa volta però per il batterio Aeromonas cattivello che ammazzò i poveri pesci del lago.

Colpa del batterio che non aveva nulla a che vedere con l’inquinamento, assolutamente nulla! Quanto all’articolo della Colella uscito sulla rivista scientifica Fresenius sulla contaminazione da idrocarburi delle acque del lago, non era certamente cosa da prendere sul serio: l’inquinamento non esiste, cioè, potrebbe esisterne un po’ anche secondo alcuni dati ARPAB, ma non è che bisogna per forza impuntarsi su questa faccenda. Scarichi abusivi e allevamenti, ma niente di serio. È tuttapposto!

 

 

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Acqua del Pertusillo nei pressi della diga. Chissà perché i pesci preferiscono suicidarsi piuttosto che nuotarci felici. Crediti :Vincenzo Senzatela

 

Nel 2013 nessuna moria finalmente, ma incredibile a dirsi secondo l’ARPAB il Pertusillo era inquinato.

Si poteva dirlo apertamente: alte quantità di fosforo e azoto e persino tracce di idrocarburi, frutto probabilmente di scarichi illegali. Quei cafoni bifolchi oltre ad avere mucche, dovevano aver versato qualche tanica di olio nel fiume e il danno era fatto. E poi c’è sempre quella sorgente di Tramutola da cui da esce petrolio in maniera naturale. Quell’acqua va finire nell’Agri e da lì nel lago ed ecco spiegato tutto. In ogni caso sebbene le acque non fossero proprio pure come le sorgenti di alta montagna, non c’era nulla di cui preoccuparsi. Tuttapposto e via così!

 

Nel 2014 nessuna moria, ma le polemiche continuarono.

Alcune associazioni ambientaliste insieme alla professoressa Colella e al tenenti Di Bello sollevarono dubbi, infatti, sulla sicurezza della reinienzione delle acque di scarto del petrolio nel pozzo Costa Molina 2. Il timore era che potesse perdere inquinando le falde che alimentano il lago come testimoniava la comparsa di due sorgenti tossiche poco a valle del pozzo stesso. Passò invece sotto silenzio il nuovo articolo pubblicato dalla stessa professoressa sulla contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti di acque e sedimenti del lago. A dimostrazione che si trattava di allarmismo strumentale il processo a Di Bello andava avanti spedito arrivando al terzo grado di giudizio. Le preoccupazioni crescenti in Puglia, dove quell’acqua arriva nelle case e nei campi, erano evidentemente immotivate, così come l’indagine avviata dall’UE. Situazione sotto controllo.

 

E venne il grande caldo.

Se per due anni era andata bene il 2015 sembrò voler recuperare il tempo perso e così la superficie del lago ad agosto si ricoprì nuovamente di migliaia di carcasse di pesci. “Colpa del caldo!” fu la sentenza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS) di Puglia e Basilicata. D’altra parte che altro poteva essere? Nelle analisi fatte a Foggia nei pesci non c’erano tracce di idrocarburi, né di pesticidi, quindi nessun allarme, solo la calda estate 2015. Tuttapposto! Erano senz’altro da rigettare, invece, le analisi pubblicate dagli stessi veterinari dell’IZS, ma del centro di Calvello (PZ), su pesci prelevati tra il 2012 e il 2013 che indicavano la presenza di microcistine (le tossine legate all’alga rossa) oltre i valori di rischio acuto, idrocarburi e metalli pesanti tra cui piombo, rame e mercurio. D’altra parte essendo tuttapposto, era del tutto impossibile tener in conto dei dati dell’istituto di Calvello. È un ragionamento autodimostrato!

 

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La diga che dà origine al lago del Pertusillo ha un’altezza massima di 95 metri ed è stata costruita tra il 1957 e il 1962 per fornire acqua all’Acquedotto Pugliese. Crediti: Vincenzo Senzatela

 

Infine venne il giorno della pesca di frodo.

L‘inchiesta dell’antimafia sul petrolio lucano ha portato il primo aprile agli arresti domiciliari per 5 dipendenti Eni, di cui 4 alti funzionari, al sequestro del pozzo di reiniezione Costa Molina 2, di due vasche nel centro oli dove viene purificato il petrolio (che sorge nelle vicinanze del lago) e dell’impianto di Tecnoparco posto in provincia d Matera dove vengono trattati gli scarti della lavorazione petrolifera. Perché? Perché secondo gli inquirenti, l’Eni risparmiando 100 milioni all’anno modificava i codici dei rifiuti qualificando come non pericolosi liquami che lo erano e che avrebbero perciò necessitato di un trattamento molto costoso. Si è chiaramente si è trattato di un pesce d’aprile visto il giorno in cui è scoppiato il caso. Quelli della Direzione Nazionale Antimafia sono dei noti burloni: sequestrare gli impianti dell’Eni costringendola a sospendere le attività è veramente lo scherzo del secolo, ma quello di cominciare a raccogliere le cartelle cliniche della zona e verificare i dati ambientali comincia ad essere decisamente esagerato. La situazione ambientale nella zona è chiaramente sotto controllo e le attività petrolifere e la carenza dei controlli dell’ARPAB sulle attività Eni nulla hanno a che vedere col Pertusillo, che è un caso assolutamente a se stante. Così questo è quello che è andato a ribadire Pittella a Matrix. E i pesci morti? Sono chiaramente i pescatori di frodo.

Il meccanismo con cui la pesca di frodo possa portare alla morte di migliaia di pesci, in verità, temo possa rimanere un po’ oscuro, la storia del caldo convince senz’altro di più, ma tant’è, Pittella ha parlato. Qualcuno va a pescare nel lago con le bombe a mano?

 

** L’espressione (un’allarmante presenza di idrocarburi, metalli pesanti e alifati e clorurati cancerogeni, oltre a un enorme quantità di batteri fecali) è stata cambiata in (un’enorme quantità di batteri fecali, oltre a valori anomali di bario) in quanto queste dati sono emersi in analisi successive più complete ad opera della Colella e di Di Bello

3 milioni e mezzo di euro per andare a margherite

L’altro ieri mi chiamano da Potenza: «Oggi al TGR hanno dato una notizia, che lì per lì non ci ho fatto neanche caso, ma poi ho pensato, ma che cavolo! Il parco dell’Appennino Lucano dà qualcosa come 3 milioni per fare monitoraggio ambientale vicino ai pozzi, ma il monitoraggio andrà fatto a vista, senza strumenti!»

Eh!

Cioè si spenderanno milioni per mandare un po’ di gente a passeggio a guardare in giro? Come si fa il monitoraggio ambientale a vista? Iniziative di questo genere in Basilicata di solito hanno una ragion d’essere legata a una nobile tradizione che qui non espongo perché non voglio essere querelato. Tuttavia chiunque conosca queste dinamiche o sia un po’ sveglio sa bene cosa significano i soldi per mandare gente a spasso. Assurdo!

«Se non ho capito male Legambiente ha persino protestato contro. Non ho parole!»

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Parco dell’Appennino Lucano: Montagna Grande di Viggiano vista dal Monte Vulturino

 

Fin troppo assurdo, ma cosa c’è di vero?

Tutto ed anche di più. La notizia effettivamente è esplosa 4 giorni fa a seguito di alcune segnalazioni arrivate al giornale online Greenreport su un improbabile bando di un appalto del parco dell’Appennino Lucano. Così improbabile che Legambiente ha formalmente richiesto il ritiro del bando definendolo “inopportuno e finanche dannoso”. Il Parco dell’Appennino Lucano si è rivelato come il parco dal perimetro ultra-articolato per eccellenza, il parco disegnato per aggirare con precisione chirurgica i pozzi di ENI e Shell in Val d’Agri e non arrecare disturbo a qualsiasi attività di qualsiasi tipo, specialmente se ha a che fare con estrazione/trasporto/lavorazione/smaltimento-di-scarti di idrocarburi. Il bando è per il Progetto Security, un progetto di monitoraggio ambientale. Ebbene, per il suo adempimento il bando prevede la bellezza di € 3.403.868,87 e Legambiente ritiene la cosa addirittura dannosa? Cosa ci sarà mai scritto?

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Il prodigioso perimetro frattale del parco dell’Appennino Lucano che segue creste, evita valli, ma soprattutto i pozzi di petrolio disseminati al suo interno (Crediti:Ministero dell’Ambiente)

 

L’opera d’art… ehm… il bando si presenta come un monumento al dadaismo più sfrenato. La sua lettura è puro nutrimento per lo spirito.

“16 – OGGETTO DEL PROGETTO

Il progetto Security mira ad attuare un programma di monitoraggio ambientale e di controllo del territorio […]. Il Progetto è finalizzato al monitoraggio e controllo delle condotte che collegano i diversi pozzi petroliferi, che rientrano nel territorio del Parco, con particolare riferimento ai controlli visivi e le rilevazioni ambientali, oltre alla valutazione di eventuali situazioni anomale e/o sospette. Nel monitoraggio delle condotte, il parametro principale è la sicurezza, influenzata dall’età e dalle condizioni delle stesse.”

Ottimo! Quindi si tratta di controllare nella più totale vaghezza le condotte dell’ENI che passano nel parco per vedere che non perdano. Posto che non mi fiderei se tali controlli fossero lasciati alla sola ENI, è normale che se ne faccia carico il parco? A questo punto viene da chiedersi a spese di chi si controllano i tubi dell’ENI. Insomma, che provenienza hanno i 3 milioni e mezzo del parco? Comunque il meglio viene subito dopo.

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Pozzo Pergola 1, uno di tanti nelle immediate vicinanze del Parco dell’Appennino Lucano (Crediti Olambientalista.it)

“17 – CONTROLLO VISIVO E AMBIENTALE

Il monitoraggio e il controllo delle condotte che collegano i diversi pozzi petroliferi ricadenti nel territorio del Parco deve essere effettuato mediante ispezioni visive in loco con l’impiego esclusivo e diretto di risorse umane. L’operatore economico potrà integrare il sistema visivo con ulteriori controlli. La tipologia di controllo visivo e ambientale si svilupperà nel seguente modo:

  • monitoraggio quotidiano di tutte le condotte petrolifere, consistente nella verifica del loro stato conservativo e del corretto funzionamento per il trasporto di idrocarburi;

  • realizzare un report sullo status delle condotte e sulla sicurezza nelle vicinanze delle stesse, accompagnato da una relazione fotografica.”

Forse era meglio rimanere nella vaghezza. “Impiego esclusivo e diretto di risorse umane”! Quindi è proprio come sembrava: 3 milioni e mezzo per mandare della gente a passeggio in campagna, però una volta a casa tocca fare un bel report sulle margherite con tanto di bouquet fotografico. Ci sono occasioni in cui l’ingegno umano supera i propri limiti per arrivare a partecipare di una scintilla di assoluto e questo è proprio uno di quei casi. Però non basta: nel bando ci sono anche le imperdibili istruzioni sul report.

“18 – RELAZIONE TECNICA

L’operatore economico fornirà dei report dovrà contenere, almeno, i seguenti elementi:

  • indicazione della sede e breve descrizione;

  • data della verifica;

  • nominativo del tecnico accertatore;

  • ubicazione della condotta;

  • giudizio sullo stato conservativo dei materiali della condotta e sul corretto funzionamento per il trasporto di idrocarburi (Cattivo, Mediocre, Discreto, Buono);

  • identificazione delle misure per il contenimento del rischio;

  • identificazione e caratteristiche della strumentazione utilizzata;

  • rapporto fotografico;

  • metodologia analitica adottata;

  • normativa di riferimento.

Nell’ottica della dematerializzazione dei documenti, la relazione tecnica dovrà essere prodotta in formato elettronico (.pdf).”

Probabilmente “dematerializzazione” è l’unico concetto che abbia un qualche senso qui dentro, temo, perché il concetto di “giudizio a occhio” mi lascia alquanto perplesso. Gli altri poi devono per forza essere frutto di una burla. Metodologia analitica adottata: “a occhio la condotta sembrava buona” o meglio ancora “gli ho tirato un bel calcione e non si è ammaccata” per quanto qui si vada già oltre il visivo.

A questo punto per non lasciarsi mancare niente è bene ribadire che all’inizio dell’opera c’è una frase che non lascia scampo.

“Il servizio in oggetto decorrerà dalla data di sottoscrizione del contratto ovvero dalla data del verbale di consegna del servizio con durata pari ad anni tre. L’Ente si riserva fin da ora di prorogare per ulteriori anni tre, qualora ne ricorrano le condizioni, l’affidamento del servizio in gara. L’importo del servizio, calcolato su anni sei, oggetto dell’appalto posto a base di gara ammonta a complessivi € 3.403.868,87”

Qui la cosa si fa sottile, perché è prevista fin da oggi la possibilità che l’ente parco possa prorogare il progetto di  tre anni qualora lo ritenga. La cosa più stupefacente però è che il bando è per 3 anni, ma l’importo del servizio è calcolate su 6 anni, quindi la durata effettiva del progetto si può dare per acquisita. Eh, niente… è fatta, per 6 anni avremo alcune decine di fortunati che in una delle regioni più povere e con la maggiore disoccupazione andranno in giro per boschi e a fare foto (non respireranno anche tanta aria buona per via del vicino centro oli dell’ENI, ma non si può avere tutto). Suonino le trombe e che si dia inizio alle danze!

Ora accade che cercando su Google si inciampa pure in un documento illuminante che fornisce informazioni non presenti sul bando. Si tratta della delibera della giunta comunale di Viggiano che sancisce l’adesione al progetto Security con lo stanziamento, tra l’altro di 250.000 euro (ma i soldi non sono l’ultimo dei problemi per Viggiano visto che hanno così tanti soldi dalle royalties del petrolio che non sanno come spenderli). Leggendo la delibera si scopre infine che dietro il progetto Security non c’è altri che l’ENI stessa! Ora il capolavoro si disvela nella sua interezza. L’ENI dunque insieme ai contributi del Parco dell’Appennino Lucano (pubblici devo immaginare) finanzia un progetto per monitorare se stessa e le proprie attività nel parco, nella maniera più burlesca immaginabile e con un enorme spreco di denaro, in parte pubblico, in parte proprio. Perché? Se ho i miei buoni dubbi sulla qualità del monitoraggio ambientale che ne verrà, ne ho anche, così, a sensazione, sull’azienda che vincerà l’appalto e sugli esiti politico-sociali della vicenda. Nemo profeta in patria?
A sproposito (non c’entra nulla, eh, assolutamente nulla), ma le 60.000 guardie forestali della Sicilia sono ancora lì?